IL RISCATTO DELLA CUCINA POPOLARE E CONTADINA
di Raffaele Bruno
Le avevano sepolte gli imbecilli, sotto una coltre di
indifferenza, una sorta di male intesa "modernità".
Avevano cancellato, pensando di poterne fare a meno e per
sempre, le "memorie storiche" che avevano costituito la
gioia e il dolore delle loro città. Avevano dimenticato,
il nome della cucina internazionale o della "nouvelle
cousine", in nome dell'ultimo orripilante prodotto
alimentare di questa o quella Multinazionale, il "sapere" ed
il sapore della cucina contadina e popolare, i frutti più
genuini della terra, offerti nella loro semplicità sulle
tavole ricoperte da tovaglie a quadroni; bianchi e rossi.
Poi, finalmente, la scoperta del valore, sempre più
crescente, della identità locale, della sua straordinaria
forza nel porsi e nel proporsi come alternativa, di
contrastare anonimato e nullismo storico e sociale, con la
riscoperta delle radici.
Sono pochi, ormai, i sindaci dei paesi meridionali che non
si inventino qualcosa: Una sagra gastronomica locale per un
prodotto (vini, formaggi, insaccati, carni locali, per il
pesce, la cioccolata, la pasta) legata spesso a qualche
evento più fantastico che leggendario, più leggendario
che storico, che coinvolge migliaia di turisti in tutti i
mesi dell'anno e fanno conoscere ed apprezzare i prodotti
locali. O la rappresentazione di antichi usi o attività
produttive, legati a mestieri, una volta in via
d'estinzione, tutti locali e stupendi. E' la riscoperta
della necessità di avere un'anima, una personalità, una
storia, una cultura.
Per distinguersi, per valere, per competere.
Ora bisogna andare avanti. Lungo la strada intrapresa della
riscoperta più profonda e più autentica, della propria
memoria, dei "saperi" contadini ed artigianali, delle
specificità dei lavori manuali, delle produzioni agricole,
anche quelle che possono apparire ormai marginali, di
episodi d'arte, di cultura e di stona che in questi
territori del Sud si sono sedimentati nel millenni e di cui
si era perduta la percezione, smarrito il significato. In
modo indistinto, dove i valori e le persone sembrano perdere
solo peso e ruolo, dove la omologazione dei comportamenti
alimenta il potere sempre più egemone di chi, governando
l'informazione e la comunicazione, condiziona comportamenti
personali e scelte di consumo, la riscoperta dell'identità
storica, della specificità dei luoghi, erge una barriera
contro il dilagare senza freni e senza regole della
globalizzazione, alimenta la speranza di una resistenza
efficace, contribuisce all'indispensabile "riarmo morale",
prima ancora che economico e sociale, perché si possa
anche competere ed affrontare la sfida della difesa dei
valori - come noi del Movimento Sociale - Fiamma Tricolore
stiamo facendo - degli usi, dei costumi locali e della
tradizione, quale unico e possibile antitodo alla
globalizzazione e per supportare con idee forza la lunga
battaglia per lo sviluppo meridionale e della difesa ad
oltranza della sua dignità.
Raffaele
Bruno