I germi e gli effetti della disUNITA'
di Umberto Franzese
Al nord gli Asburgo, al Sud i Borbone: Nord e Sud si fondono tra Borbone e Asburgo. Con Maria Carolina e Ferdinando I, con Maria Clementina e Francesco I, con Maria Teresa Isabella e Ferdinando II.
Matrimoni regali, matrimoni politici. Per rinvigorire l'impero gli Asburgo concretizzano il loro dominio con le annessioni delle maggiori corti europee. Maria Teresa d'Austria, tenendo fede al detto - "bella gerant alii, tu felix Austria, nube !"- in queste gratificanti faccende era un'abile ricamatrice. La linea politica napolitana seguiva tale direttrice. Non se ne discostava più di tanto. Gli Asburgo avevano così allargato i loro confini, oltre che all'abile politica matrimoniale, grazie anche al Trattato di Rastadt che regolava la successione al trono alle donne in mancanza di eredi maschi. L'imperatore riuniva in sé i titoli di arciduca d'Austria, re di Boemia e d'Ungheria. Caposaldo di questa unione di Stati era la religione cattolica di cui i più ferventi praticanti erano i popoli di lingua tedesca. E' grazie a Maria Teresa, dopo anni di rivalità, che l'Austria si riavvicina alla Francia. La sovrana, con piglio autoritario, accresce la centralizzazione dello Stato per mezzo di una Corte dei conti, di un Tribunale monarchico e di un Direttorio dell'Interno che controlla l'Amministrazione dei vari stati. L'Austria introdurrà, dopo il 1870, una serie di riforme che si esplicò in campo sociale e religioso per l'uguaglianza di tutti i sudditi davanti alla legge e, conseguentemente, piena tolleranza per tutti i culti non cattolici. Sarà la rivoluzione francese a scompaginare l'autoritarismo illuminato dei sovrani austriaci e ad avere pesanti strascichi anche a Napoli.
Dopo la decapitazione della regina di Francia, Maria Carolina, piagata nel corpo e nella mente, giurerà di vendicarsi fino alle estreme conseguenze della morte della sorella Maria Antonietta. La regina di Napoli subì un trauma così forte che il suo essere ne rimase fortemente disturbato. Cambiò totalmente il suo comportamento, il modo di porsi nei confronti persino dei più blandi protagonisti del verbo riformatore o rivoluzionario. Aveva inizio quel clima di sospetto, di diffidenza, di sfiducia che avrebbe incrinato profondamente i rapporti tra la monarchia e le classi più evolute.
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Il Napoletano e tutto il Mezzogiorno furono sconvolti dalla rivoluzione imposta delle truppe francesi al comando dello Championnet. La Francia del 1789 fece la più grande rivoluzione di cui ci parli la storia. Non vi era rivoluzione, che volendo tutto riformare, aveva tutto distrutto. "Si eresse in Napoli un tribunale rivoluzionario il quale procedeva cogli stessi principi e colla stessa tessitura di processo del terribile Comitato di Robespierre".
E' grazie a quei semi sparsi nel 1789, che nel mondo si sono succedute le più sciagurate rivoluzioni: le guerriglie sudamericane e africane; la rivoluzione femminista e quella dei costumi sessuali; la Comune di Parigi; la rivoluzione cinese di Mao e quella cubana di Castro; la rivoluzione russa del 1917. E' una rivoluzione infinita che continua da più di duecento anni e che non si sa quando finirà. Una rivoluzione che ha prodotto controscosse spesso estremistiche come i moti monarchici della Vandea del 1793; la Restaurazione del 1815; il brigantaggio a seguito dell'invasione garibaldina e piemontese del 1860; il fascismo degli anni venti; il nazismo degli anni trenta. Cambiò un mondo. Gli uomini si videro imposte leggi che non intendevano e che presero a odiare. Leggi catapultate sulle punte delle baionette o scaturite da assemblee di filosofanti. Si finse di chiamare il popolo ad esprimersi su trattati e sulla costituzione. Si imbastirono falsi plebisciti. Si fece credere al popolo che poteva essere artefice del proprio destino e gli si impedì di esplicare le proprie idee, i propri pregiudizi, i propri costumi, le proprie credenze, i propri bisogni. Una costituzione va bene se prodotta dal popolo stesso e non se imposta colle armi del nemico.
Fu detto: "Se sono giacobini mandateli in Francia, ne ritorneranno realisti". Intanto nella strade di Napoli circolava una efficace canzonetta: " E' venuto lo francese cu nu mazzo d''e carte mmano: liberté, egalité, fraternità, tu arruobbe a me, io arrobo a te".
A sostenere la causa di Maria Carolina e di Ferdinando IV, erano i capipopolo Michele Pezza detto Fra' Diavolo, Sciarpa nel Cilento, Pronio negli Abruzzi, i fratelli Mammone nel Frusinate. A questi controrivoluzionari che furono chiamati sprezzantemente "briganti", si aggiunsero nell'Italia postunitaria, le "brigantesse" che condivisero con i loro compagni, specie nelle campagne, disagi e stenti.
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Si chiamavano Serafina Ciminelli, Filomena Cianciarulo, Maria Rosa Marinelli, Chiara De Nardo, ma avevano anche nomi come Ciccila, Mineca, Luciella, Chiarina,
Ngiulina, Nannina, Rusella. Tutte o quasi tutte finirono tragicamente a testimonianza della "civiltà"sulla "barbarie". Grazie a queste atrocità nasceva l'Unità d'Italia. Il Paese veniva consegnato ad un Savoia, che proprio italiano non era. Lo erano di certo i Borbone che regnavano senza far danno ad alcuno, protetti da un lato dall'acqua santa e dall'altro dall'acqua salata. Alla fine della 2^ guerra mondiale fu istituito dagli "alleati", per i crimini di guerra, il Tribunale di Norimberga, quale tribunale fu istituito per i "Padri della Patria?". "Per l'unificazione italiana fu commesso molto male", ebbe a dire Luigi Sturzo .
E Vittorrio Messori: "Di questa nostra unità nazionale conosco bene i risvolti non edificanti".
Fossero esistiti gli Asburgo al nord e i Borbone al Sud l'eredità trasmessa oggi ai leghisti e ai sudisti, sarebbe stata certamente meno tragica e rivoltante.
Quel consenso plebiscitario che non fu raggiunto nel 1861, mancando l'adesione, l'approvazione della Chiesa, si concretizzò nel 1929 con i Patti Lateranensi, grazie al Fascismo che "non fu un movimento nichilista e non si impose alle masse popolari inermi. Esso, invece, si affermò come portatore di un atteggiamento mentale che fondeva pensiero colto e pensiero popolare e costituiva la base della sua ideologia e della sua cultura. Tale consenso, intorno all'Uomo della Provvidenza, fu la sacralizzazione della politica.
L'Italia si disunì, si spaccò in due nel 1916, tra interventisti e neutralisti, in quella che finì in una vera e propria mattanza di una intera generazione. Cinque milioni e più di reclutati passarono nelle trincee. Poco più di metà i renitenti alla leva. Duecentomila i condannati per reati commessi in divisa, quindicimila i condannati all'ergastolo, quattromila i giustiziati su verdetto pronunciato da giudici in divisa.
Dopo la vittoria il Paese si divise: da una parte i rossi e dall' altra i neri.
E furono gli anni del consenso. "Un consenso che diventò sempre più effettivo e vasto via via che invece di politicizzarsi, si depoliticizzava e affondava le sue radici nel mito di Mussolini e dell'Italia finalmente in cammino" "Solo la fede smuove le montagne non la ragione" Per correggere "secoli di decadenza politica, militare, morale, bisogna creare la classe dei guerrieri, la classe degli inventori, la classe dei giudici, dei grandi
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capitani d'industria, dei grandi esploratori, dei grandi governatori". Non fu questo o lo fu soltanto in parte, ma per la prima volta nel corso della sua storia, dopo "Roma caput mundi", il popolo italiano fu un'anima sola, un corpo solo, una mente sola. "O Patria mia, vedo le mura e gli archi e le colonne e i simulacri e l'erme torri degli avi nostri, ma la gloria non vedo, non vedo il lauro e il ferro ond'erano carchi i nostri padri antichi". "Come cadesti o quando da tanta altezza in così basso loco?".
Cademmo. Noi diventammo ora tedeschi, ora inglesi, ora americani, ora francesi; noi non volevamo più nulla, noi non eravamo più nulla. Ancora una volta l'Italia si disunì, si spaccò in due: da una parte i badogliani dall'altra i repubblichini.