giovedì 18 febbraio 2010

LIBERA CULTURA (di Umberto Franzese)

LIBERA CULTURA

di Umberto Franzese

A cosa serve etichettare la cultura? Cultura di destra o
cultura di sinistra? Serve la cultura o meglio la libera
cultura. Una cultura senza conflitti. Non la cultura di
questa o di quella parte. La cultura sta da una parte sola:
dalla parte della cultura. Non veste questa o quella divisa.
E' la politica che si appropria della cultura per il
proprio tornaconto, per il proprio comodo. E' la politica
che produce gli strumenti, le soluzioni, a breve o a lungo
termine per l'avallo delle proprie ideologie. La politica
che non sempre, però, valuta l'influenza che la cultura
esercita sulla comunità e nel governo della cosa pubblica.
Certo è che "è la cultura che fa girare il mondo".
Perché "la politica non è che l'imposizione delle
decisioni" che piovono dall'alto, delle decisioni,
cioè, "assunte dalle elite di governo. La cultura non ha
né padroni né partiti cui rendere conto. La cultura sa
che il modo migliore per aiutare tutti è non aiutare
nessuno". E' la politica che crea gli steccati, che
appiccica etichette, distribuisce patenti. La cultura è
una caratteristica della parte eletta, della parte
avvantaggiata, di quella parte dominante che indirizza,
forma la collettività.
Il vero intellettuale non è fazioso, settario, facinoroso.
Non produce, non genera disordine, arruffio.
Il suo ruolo, il suo compito è positivo, ancorché funge
da collante tra potere e popolo. Ma senza alcuna
appartenenza, perché soltanto non schierandosi, trova
maggiore credibilità. Non entra, è vero, nei giochi di
potere, ma lui stesso è un potere se non si aggrappa a
questo o a quel carro.
Tra i tanti non inseriti in elenco ci sono quelli in
posizione attendista o di rifiuto
nei confronti della politica politicante. Gli estranei, i
cani sciolti, gli "sparpagliati": sono quelli che,
rimanendo sani o meglio liberi, non partecipano, di
conseguenza, alla spartizione, al banchetto.
Ognuno, però, in maniera diversa, contribuisce alla
definizione di un "patrimonio valoriale" nel quale
struttura la propria identità.
Ma la controversia si allarga, si fa ampia. Ho voluto
tastare il polso ad una bella fetta di operatori culturali
attivi nella mia città che non si sentono legati ad alcun
carrozzone. Le risposte che ne ho
ricavato, niente affatto vaghe, avvalorano il mio pensiero:
la cultura non è né di destra né di sinistra; la
cultura è libera; la cultura è cultura; non ha niente in
comune con la politica; non deve essere costrizione; non ha
aggettivazioni.
C'è bisogno che ciascuno affermi, disegni la propria
identità. Una identità all'interno di comunità
sempre più vaste. Che per restare se stesso non si faccia
accecare da ideologie fuorvianti. Che produca mantenendo il
suo ruolo e il suo mondo e, quando ne sente il bisogno
producendone altri. Ma senza abiurarli. Che la sua sia una
voce tra le altre, anche controcorrente. Abbia la forza e la
spregiudicatezza di dialogare, di confrontarsi, di difendere
l'altro anche se sul fronte opposto al suo. Insieme si
costruisce, si decide ciò che è meglio.
Fare cultura non deve essere un'avventura senza sfondo. Un
contrasto perenne.Una tensione inarrestabile e confliggente.
Falsi laici e falsi credenti. Antichi vizi. Deliri razzisti.
Pensiero debole. Aborto e pena di morte.Demolizione delle
virtù virili, difesa del pater familias, del sacerdote,
del soldato. L'ecologia, la bioetica, la sostenibilità
della tecnica, i diritti dei popoli, il riconoscimento delle
diversità culturali e religiose. La tradizione, la storia
controversa, la povertà , i nuovi bisogni. Temi
affascinanti, per i quali vige il tentativo di
"influenzare" la cultura dell'intero Occidente. Temi
che vale la pena di essere orgogliosi di difendere. Valori
in cui c'è chi crede e fa suoi. Ma vale anche, che una
volta in prestito alla politica, questa se ne serva nel
pieno rispetto della comunità a cui fa riferimento.
La cultura quando occorre, se occorre, serva pure la
politica, ma restando libera. La cultura è una sommatoria
di conoscenze, di tradizioni trasmesse di generazione in
generazione al proprio gruppo sociale, alla propria
comunità. La cultura per ciascuno costituisce motivo,
ragione identitaria. Affonda le sue radici nel passato e,
più ricco è il passato, più radicata, più composita,
più viva è la cultura.. La cultura è anche attenta
alle istanze locali, al sud come al nord. Una cultura ora
foggiata sul modello federale, ora sulla variante
meridionalista, ora piantata su posizioni unitarie.
Una cultura che, mancando, genera degrado, arretratezza. Per
rinascere bisogna ripartire dalle origini, dalla memoria!

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