Sfatiamo un luogo comune. L'indice di natalità del nostro Paese è basso, ma non è che gli italiani, per un impeto egoistico da società satolla, si siano definitivamente stufati di fare figli o le donne abbiano rinunciato al meraviglio evento della maternità. Vorrebbero, anzi, averne due, tre o quattro figli per coppia, però non possono. Spesso, infatti, dopo il primogenito sono costretti a rinunciare a far crescere la famiglia. E intanto continuando di questo passo fra non molto conteremo otto – dieci milioni di italiani in meno con l'immigrazione, legale o illegale che sia, in aumento vertiginoso e diversi milioni di immigrati in più. Ce lo aveva già rilevato un'indagine dell'Istat e del Cnel condotta qualche tempo fa su un campione di ben 50.000 donne. Che hanno confermato queste tendenze.In verità, sarebbe stato interessante e doveroso intervistare anche altrettanti uomini, visto che sono rimasti in pochi a credere al ruolo delle cicogne nella riproduzione umana. Comunque il nodo, spiegano i ricercatori, è sempre quello: anche nel XXI secolo, per una donna italiana è difficilissimo conciliare la famiglia con il lavoro. Si fa, dunque, il primo figlio e se ne desiderano altri, ma poi la rigidità inclemente dei turni e degli orari, la difficoltà di spostamento, le attività troppo impegnative, quasi sempre cumulate con gli impegni domestici, costringono molte donne ad una scelta drammatica: o si produce o ci si riproduce, non c'è scampo. Occorrerebbe avere il dono dell'obiquità che purtroppo non ha nessuno! Per mettere al mondo un figlio, dunque, specie se si tratta del secondo, le donne sono "costrette troppo spesso a perdere o a lasciare il lavoro". Nell'anno undicesimo di questo secolo, c'è ancora chi è licenziata quando dichiara di essere incinta (il 7 per cento del campione), mentre il 15% delle intervistate ha deciso di mollare la fabbrica o l'ufficio per potersi dedicare ai figli. E' un circolo vizioso, un tunnel nel quale sono pochissime le vie d'uscita. L'aspettativa facoltativa, quando ci si può permettere di perdere parecchi mesi di stipendio, i concedi parentali, usati solo dal 5% dei padri, il part-time.Ci vorrebbero più asili nido pubblici, che sarebbero una mano santa, e una politica più accorta in favore della famiglia, in questi tempi in cui lo stato sociale è considerato una specie in via di estinzione.Non basta e ci sembra demagogico il contributo una tantum di mille euro per le coppie con più di un figlio. Non risolve alcun problema.Restano, come sempre, i nonni. Quando ci sono o non vivono lontani, in un altra città. Sette primogeniti su dieci sono affidati, secondo quanto ci riferiva l'indagine, quasi completamente a loro. Poi gli acciacchi, l'età, la stanchezza, e per i secondogeniti la percentuale cala notevolmente. In più l'Italia è uno dei paesi europei in cui è più sparuta la pattuglia dei padri che danno una mano in casa. Cose note e stranote, si dirà. Una fotografia già vista e rivista della nostra vita quotidiana. Ma viene rabbia a doverla riguardare di nuovo dopo un secolo, quella fotografia, o a trent'anni dai tempi in cui la metà del cielo sembrava avere il mondo nelle mani. Eppure, non è che noi italiani siamo assai meno essenziali e laici dei più prolifici inglesi e francesi o tedeschi. Li vediamo spesso, qui da noi nel nostro Mezzogiorno, le famiglie nordiche in vacanza, con quattro o cinque figli al seguito, un panino e via, addosso quel che capita a godersi il mare, un sentiero di montagna in cui non senti mai frignare nemmeno il piccolissimo biondino che non avrà tre anni. Noi invece, ci siamo tuffati nella modernità portandoci ancora sulle spalle uno stile di vita eccessivamente formale, una tradizione molto barocca. Se siano un bene o un male, è da discutere: resta il fatto che questo stile di vita costa, e i bambini italiani sono tra i più viziati e che per soddisfarli ci costringe ad aspettative di guadagni crescenti, a timori di non poter affrontare il futuro con serenità. E senza fiducia nel futuro è difficile mettere in cantiere un figlio o mettere su famiglia e sposarsi. Senza che i nostri giovani, specie nel Sud, abbiano una prospettiva di lavoro sicuro per potere pagare il fitto di una casa poiché il lavoro, quando c'è, è sempre più precario. Ritorna utile, di fronte a questa situazione, ricordare che il Movimento Idea Sociale, proprio da Napoli, ha da tempo proposto e raccolto firme per far corrispondere alle casalinghe un assegno mensile dallo Stato. Per riconoscere il ruolo fondamentale per la famiglia che svolgono le donne, le quali liberamente potrebbero, con questa opportunità, scegliere liberamente se rimanere a casa e seguire meglio i figli e la conduzione della famiglia o lavorare. Una iniziativa da riprendere ed incoraggiare.Raffaele Bruno Vice Segretario Nazionale Vicario del MIS con Rauti Responsabile del Dipartimento per le Politiche del Mezzogiorno